Felice Marra: 3Generazioni per riportare al centro il valore della comunità.

Intervista a Felice Marra, Presidente di 3Generazioni.

Perchè 3Generazioni?

Riteniamo che il modello di società fondato sugli apparati sia ormai superato. In Italia c’è una società vecchia di derivazione del secolo scorso, ancora persistente, che produce tasse, debito pubblico e povertà. E’ un modello non più in grado di garantire il progresso. Il mondo è completamente cambiato, oggi emergono nuovi bisogni, e noi siamo ancora con la vecchia società degli apparati, dei divieti e delle rigidità. Serve dunque più libertà, più libertà umana.

 

Su quale modello 3Generazioni, si sta impegnando?

Il modello che stiamo proponendo è fondato sull’umanesimo, sul mettere al centro il valore e le capacità  delle persone, più che gli apparati e gli status. Siamo per promuovere il valore di una comunità forte, libera e solidale che si basi su una leadership collettiva, e non più attraverso questo individualismo materiale. Pensiamo che le energie per superare questa drammatica crisi economica e sociale, dobbiamo trovarle innanzitutto nelle persone. Solo le persone, con il loro entusiasmo, con le loro capacità possono creare le condizioni per rialzarci e guardare nuovamente al progresso. La finanza e i mercati devono tornare ad essere al servizio di uomini e donne di buona volontà, e non viceversa. Vogliamo ritornare all’economia reale. Per questo tutti sono utili. Ecco, il principio cardine  di 3Generazioni è proprio quello di creare i presupposti per una società della partecipazione, dove sono utili tutti, a prescindere dall’età anagrafica.

 

Ci spieghi meglio il concetto, come unite le generazioni?

Abbiamo tantissimi uomini e donne di terza generazione, over 60 enni, che non dovremmo più neanche chiamare anziani, perchè hanno delle menti lucidissime di estrema utilità per la società della partecipazione. Uomini e donne over 6o enni che potrebbero insegnare arti e mestieri alle giovani generazioni, che potrebbero rendersi utili nei servizi pubblici di bene comune, cioè in tutti quegli ambiti dove c’è meno apporto fisico e più apporto intellettivo mentale. Sono innumerevoli risorse che non possono essere messe da parte. Ci sono tantissime persone che sopravvivono con pensioni di appena 500 euro al mese, che sarebbero ben contenti di avere delle opportunità per rendersi ancora utili, integrando anche il reddito pensionistico. D’altra parte le giovani generazioni devono essere orientate  laddove c’è necessità di forza, dinamicità, creatività, innovazione, ricerca, cioè per creare nuove imprese, per sviluppare nuove attività lavorative. Ci serve un patto, dunque, un patto tra generazioni per creare una comunità forte, libera e solidale.

 

L’Italia continua a fare fatica, la ripresa economica stenta, quali sono le vostre ricette?

Il nostro paese deve trasformarsi, come dicevamo, dalla concezione dello stato apparato pesante, che crea divieti e difficoltà, a una stato comunità che consente, che permette, che crei una serie di opportunità per fare scattare nella popolazione quella sensazione positiva di provarci, di potercela fare. Ci serve il nostro sogno italiano, perchè oggi è ancora un incubo. Dobbiamo ritornare all’economia reale, utilizzando al massimo l’innovazione tecnologica  per produrre. Dobbiamo valorizzare al massimo il made in italy, la nostra cultura, il nostro turismo in modo da creare reddito. Dobbiamo considerare l’impresa come un valore e superare la vecchia contrapposizione tra capitale e lavoro, in nome di una nuova cooperazione e collaborazione nell’interesse reciproco, perchè se un impresa va bene anche il lavoro va bene. Mi piacerebbe, ad esempio, che una parte degli utili di un impresa fossero anche ripartiti tra i lavoratori, proprio per far nascere questa sensazione di appartenenza, questa nuova comunità economica che punta al progresso. Dobbiamo superare questa vecchia Italia che prima spende energie e risorse per formare le giovani generazioni e poi se ne frega se questi non trovano lavoro o scappano all’estero. Se un giovane consegue una laurea, dopo anni di fatiche, dobbiamo far si che poi faccia un lavoro attinente a quegli studi, non è solo un problema del giovane, è un problema nostro, di tutta la comunità.   Siamo convinti che le varie soluzioni di politica economica, diciamo tradizionali, non ci porteranno fuori dalla crisi, e in effetti non hanno prodotto effetti. Qui serve un’azione collettiva umana, umana, ripeto, che abbia un terreno libero dove potersi misurare e produrre. In sintesi le nostre ricette vanno verso una maggiore libertà nel fare, in meno tasse, in meno stato apparato, per dare più valore alle capacità delle persone, tutto quello che serve per sprigionare le energie umane.

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